Ogni tanto mi sorprendo a pensare se a D. piacerebbe quella che sono diventata. Se saremmo ancora amici. Se saremmo stati capaci di mantenere viva la complicità a dispetto del tempo che passa, di quello che succede, della vita. Non lo saprò mai. Dai suoi eterni diciott’anni ho ereditato la gentilezza. Che a volte è dire quello che non si pensa perché chi abbiamo di fronte ha bisogno di sentirselo dire. È presentarsi a casa di una persona alla quale vogliamo bene per dire: ci sono! È non aver paura di mostrare le nostre debolezze per far sentire più forti gli altri. Non so se sto davvero vivendo anche per lui. Forse no. Ma questa piccola cosa me la porto dentro. Chissà, forse avrei imparato questa lezione in un altro modo, sicuramente sarei una persona diversa se a insegnarmela fosse stato qualcun altro. Certo è che ci penso sempre meno. Perché mi fa ancora male. Per il tempo che passa, quello che mi succede, la vita. Perché ce l’ho con lui per una cosa che in fondo sarebbe potuta capitare a me. Perché per la prima volta nella mia vita ho imparato che “l‘a me non può succedere” dietro al quale mi piace tanto nascondermi è proprio una cazzata!