Tutti abbiamo dei periodi nei quali ci sentiamo succubi di quello che ci succede. Non ci sentiamo protagonisti della nostra vita, solo comparse che attraversano la scena e passano oltre. Ricordo con molta ansia il periodo che seguiva la consegna della tesi di laurea triennale e l’iscrizione alla magistrale. Un momento di forti tensioni e insicurezze. Non tanto per la scelta della facoltà. Sapevo benissimo cosa avrei voluto fare, ma ci sarei riuscita?
Il cambio di facoltà, di università, di città. I crediti da recuperare, le carte da compilare, il colloquio d’ammissione. Ricordo con estrema chiarezza la sensazione di impotenza, e le lacrime. Quante lacrime. A fiumi!
Fortuna in quei giorni a condividere con me la tensione c’era A., compagno di studi e di ambizioni. Immancabile, dopo una giornata passata a preparare slide e a passare da un treno a un vaporetto, la sua telefonata e le domande a raffica: che esami facciamo? mi passi i libri? ti ha risposto il relatore?
Credo sia proprio tra quei punti di domanda, pieni di paure ma anche di tanta voglia di crescere, che è nata la nostra amicizia.
Forse allora anche questi frammenti nei quali ci muoviamo sullo sfondo, in cui lasciamo che in primo piano accada la vita, possono regalarci qualcosa. Io da quel periodo ho imparato due cose. Che il pianto è un’ottima valvola di sfogo, e che niente fa entrare in sintonia due persone più in fretta dell’avere un obiettivo comune e un comune ostacolo da superare per raggiungerlo!